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FILM

UN NATALE DEL 1945

Il Soggetto

Altopiano di Asiago, Natale del 1945. La guerra è finita da poco. Troppo poco, affinché le ferite delle vittime abbiano smesso anche solo di buttare sangue, e il frastuono dei colpi inferti dai carnefici abbia esaurito la sua eco. Eppure, la vita può e deve ricominciare, lì come in ogni angolo della Terra. È quello che pensano due uomini, diversi tra loro per età, estrazione culturale, vissuto, e soprattutto schieramento durante il conflitto appena terminato. Ognuno di loro è tornato alla propria attività con un peso in più da sopportare, chi sulla coscienza, chi sul corpo. Un tempo, assai remoto, erano come padre e figlio. Poi, più recentemente, le scelte diverse, l’inaspettato scontro, la ferocia, hanno cancellato quel sentimento. Ora, con il Natale a suggerire l’inizio di un nuovo corso, l’anziano maestro elementare ed ex brigatista nero repubblichino sente l’esigenza di riconciliarsi con le proprie colpe nei confronti del partigiano e suo alunno di un tempo. I due si ritrovano in un vecchio rifugio abbandonato d’alta montagna, con una vecchia clessidra, dono che molti anni prima aveva suggellato la loro amicizia. Quell’incontro e quella clessidra faranno affiorare ricordi che il tempo forse non potrà mai cancellare.

Foto Film

UN NATALE DEL 1945

Note di Regia

Occorre precisare da subito una cosa: in Mario Rigoni Stern la parola è essenziale, scelta con cura, sottratta più che aggiunta. Soprattutto in questo racconto. Di qui la mia scelta, nel film, di non usare che immagini, suoni, rumori. Mai parole – propriamente ‘battute’ – se non alla fine, con quell’unica, concisa sentenza, che pesa però come un macigno sulle coscienze di entrambi i personaggi. Non un film muto, piuttosto un film non parlato. Dove a “parlare” sono gli ambienti, i volti, gli sguardi, le emozioni. Un film a colori (il passionale presente), con due flashback a colori desaturati (il passato prossimo e il passato remoto, che riaffiorano implacabili). Un uso formale della macchina da presa, rispettosa e non invadente. Una scena in particolare, la scena del pianto, dove far convergere la “pancia” dei personaggi e degli spettatori, dove tutto è in discussione e dove addirittura si sarebbe portati ad immaginare l’happy end. E, infine, una pendola, una clessidra, il giorno, la notte: il senso del tempo che scorre, che attende. Lo spunto storico è di gran moda, va da sé. E lo sarà per molti altri anni. Direi almeno trentacinque/quaranta. Forse, con e dopo il centenario della liberazione del 25 aprile, le memorie saranno diventate ‘ricordi dei ricordi’, abbastanza storicizzate da poterle affrontare con l’ottica del distacco etico. Da parte di tutti. Sarà allora che si potrà parlare di ‘riconciliazione’? Prevarrà la voglia di consegnare definitivamente un’altra pagina alla Storia remota, quella che non suscita emozioni ma solo nozioni? Probabile, con buona pace di chi è stato e ormai non sarà più. È così che va la vita. Non oggi, però. Oggi è ancora il tempo di ricordare. Il racconto di Mario Rigoni Stern parla dell’evidente impossibilità di riconciliazione, attraverso un particolare incontro tra due anime cui il tempo ancora non ha restituito la dignità risolta di chi guarda avanti e basta. Due personaggi che l’autore delinea con estrema chiarezza, l’uno carnefice, l’altro vittima. Senza possibili equivoci. Paradossalmente è il primo a tentare un gesto positivo. Ed è il secondo a togliere di mezzo ogni dubbio su un ipotetico buonismo, con la sua risposta dal contenuto diametralmente opposto. Eppure, perché non mi sento di condannare quest’ultimo? Di più, perché mi sembra di non potere fare a meno di approvarne il comportamento? Nella battuta secca e tagliente con cui il racconto si chiude, è implicito il senso del tempo che ancora non è. Anzi, proprio la mancanza di ulteriore scrittura, la volontà di Rigoni Stern di volersi fermare lì e non andare oltre, rende quelle parole dogmatiche. E il tono sommesso, sottolineato proprio dall’autore, con cui tali parole vengono pronunciate dal personaggio, conferisce loro una sacralità impossibile da espugnare.

“la riconciliazione vale sul futuro e mai cancella il passato”

Fabio Rosi

LA SCENEGGIATURA

PRIMO STEP

Definito dalla critica come modello di “racconto breve perfetto”, Un Natale del 1945 è indubbiamente esemplare della poetica di Mario Rigoni Stern: richiama immagini e suggestioni senza bisogno estremo di dialoghi. Qui, tutto ruota attorno all’evocazione del tempo, legato al concetto di perdono. In questa direzione si è mosso il lavoro di sceneggiatura, che, mantenendo il carattere sospeso e attutito degli ambienti e dei ritmi di Rigoni Stern, ha poi ampliato e interpretato, per esigenze visive e di realizzazione del Film, alcuni tratti del racconto, pur rispettandone rigorosamente la compattezza e lo spirito iniziale.

IL RACCONTO

IL CASTING

SECONDO STEP

La suggestione è stata quella di chiamare in causa Freud. Strano, ma vero, non si potrebbe definire altrimenti la scelta dei due protagonisti, che sullo schermo interpretano un vecchio maestro e il suo allievo prediletto del passato: i due personaggi si ritrovano, ideologicamente, su fronti opposti durante la guerra; i due attori, nella vita reale, sono padre e figlio. Inutile dire che sullo schermo sono bravissimi, perfetti. Indubbio talento. Indubbie motivazioni… E poi le comparse che hanno dato la giusta magia alle scene dei flashback, adulti e bambini del posto che più che comparse si sono rivelati attori veri e propri anch’essi e hanno contribuito notevolmente alla realizzazione del Film.

CASTING

LA PREPARAZIONE

TERZO STEP

Un fine settimana nel gennaio 2023, tra passeggiate, automobili e motoslitte, in cerca dei luoghi, delle ambientazioni, delle atmosfere per la realizzazione del Film: Gallio, Asiago, Enego, Marcesina, che ci hanno regalato le giuste emozioni. Da sottolineare soprattutto l’entusiasmo con cui la popolazione dell’Altopiano ci ha accolto e sostenuto, quasi in una gara di solidarietà e disponibilità per permetterci di realizzare il film.

BACKSTAGE

LE RIPRESE

QUARTO STEP

Una troupe di pura eccellenza, nel segno di Ermanno Olmi. Costumi, Fotografia, Scenografia, Suono, tutti insieme in una vera e propria full immersion di una settimana tra location naturali e ambienti ricostruiti. Da sottolineare in particolare l’ultima giornata di riprese, con la scena più complessa dal punto di vista organizzativo, e un’intera aula scolastica degli anni ‘30 da filmare nel pieno delle attività. Sicuramente il giorno più sereno, allegro, stimolante e proficuo di tutta la settimana, grazie proprio alla presenza dei bambini/attori/alunni che hanno dimostrato capacità professionale e serietà assoluta, al contempo mai celando la genuina vitalità che ha reso la realizzazione del film perfetta.

TRAILER

LA POST PRODUZIONE

QUINTO STEP

La realizzazione del Film necessitava tempo, per ragionare sulla qualità. Nonostante si trattasse di un cortometraggio, era di Mario Rigoni Stern che stavamo parlando. La sensibilità dei montatori (video e audio) ha fatto il resto, insieme all’entusiasmo di un gruppo di giovani allievi del corso di VFX del Centro Sperimentale di Cinematografia, capitanati dal docente di riferimento.

GALLERIA FOTOGRAFICA

PRESSKIT

SCARICA IL MATERIALE DEL FILM

All’interno dell’area Presskit è possibile scaricare il Pressbook Ufficiale del Film “Un Natale del 1945” e tutte le foto in alta risoluzione. Sono inoltre disponibili le foto e le curiosità del Backstage. All’interno di questa sezione potrai trovare tutto il materiale messo a disposizione dalla produzione del Film.